La felicità del gioco
ilfilorosso editore
Cosenza, 2015
Prezzo: 10,00 €
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Antonio Avenoso
Nato a Melfi nel 1954, è poeta e scrittore. Ha pubblicato di recente: Graffiare le ore del cuore (2012), Versi dell’uva al vino (2013), Prima del paesaggio (2014). Ha scritto per riviste letterarie e per le pagine culturali di “La Nuova Basilicata”. Attualmente collabora scrivendo d’arte contemporanea per “Il Quotidiano del Sud”. Ha firmato per la RAI due radiodrammi, sul poeta venosino Orazio e sull’imperatore Federico II di Svevia.
“La felicità del gioco è qui metafora dell’esistenza. Il gioco del calcio, in particolare, appare così come il filorosso che lega i momenti salienti della vita, ma anche la cartina di tornasole che fa riaffiorare ricordi e sogni, rimpianti e giovinezza, amici e persone care”.
Luigina Guarasci
Può il gioco del calcio farsi lirica, diventare poesia? Se i versi sono quelli di Antonio Avenoso, anche un pallone, un goal, un campo di calcio perdono le loro connotazioni consuete e si fanno oggetto di componimenti delicati – “Fa notte sul campo/da mille luci acceso./ Dal mio cuore ti chiamo/ intrinseco a sé, lontano”.
Accade in La felicità del gioco (Il filorosso editore, 2015), la nuova raccolta di poesie di Avenoso.
Il calcio, appunto, è metafora dell’esistenza, di passione per la vita: la partizione di quest’opera è costruita su una scansione spazio temporale dove al ricordo del gioco si avvicenda la felicità e si alternano ricordi e sogni, rimpianti e giovinezza, amici e persone care: “Il gioco è anche questo quaderno pieno di parole./ C’è una piccola parte di me/ forse un primo desiderio di te”.
La voce del poeta melfitano cerca di farsi messaggio per superare questi nostri giorni intrappolati tra la paura, la crisi e forse anche la noia.
In copertina uno scatto di Raffaella Evangelisti sull’installazione di Maria Cristina Ballestracci “Tremava la carta”.
Per l’articolo completo visita il sito: http://www.ilmiotg.it/10/index.php?option=com_content&view=article&id=9805:qla-felicita-del-giocoq-quando-il-calcio-diventa-lirica-la-nuova-raccolta-del-poeta-avenoso&catid=65:libri
Rossella Montemurro
La felicità in un pallone che rotola sui ricordi:
l’ultima silloge di Antonio Avenoso
“E sia così quieta la vita / come il gioco quando non coglie sfacciataggine”.
Cosa nasconde come scrigno una palla che rotola sulla terra sterrata di un campetto di periferia? Quali gioie passate rincorrono le grida di ragazzi in calzoni corti, troppo sudati per continuare a giocare eppure troppo sporchi di fango e polvere per tornare a casa?
Turbinio di ricordi in versi, così si presenta la silloge “La felicità del gioco” di Antonio Avenoso edita da ilfilorosso. Poesie che si rincorrono come bambini al seguito di un pallone di cuoio. Emozioni e rimembranza si fanno spazio sulla pagina bianca, mettendo a nudo la giovinezza del poeta tra amici che andavano e venivano, reti gonfie di vittorie combattute e scarpe di tela slacciate.
“Se c’è un ricordo, se c’è un ricordo / che ritorna ancora / bè è quella strada / due dita sopra l’erba della nostra fantasia”.
Il pallone, talismano di felicità ancestrale, diventa simbolo di un passato non ancora inghiottito dall’oblio, ma vivo nei ricordi del calcio tra ragazzi, un gioco che era la vita stessa. Avenoso guarda il mondo attraverso gli occhi di un adulto-bambino, mai sazio di felicità, mai stanco di rincorrere la palla, consapevole dell’irripetibilità del passato, ma altrettanto cosciente della potenza evocativa del ricordo.
“Sentieri ch’io ritmavo / perché c’è quel che mai / immagini in una palla che rotola”.
Con questa raccolta di poesie, Avenoso compie dunque un’indagine a ritroso sui propri sentimenti, riportando a galla momenti di una giovinezza che s’allontana solo quando non si è più in grado di appropriarsi della felicità del gioco.
La silloge è divisa in cinque sezioni, ciascuna delle quali risulta investita del compito di rendere in immagini nitide e presenti i ricordi lontani. Come afferma Luigina Guarasci nella puntuale prefazione, i versi di Avenoso imprimono sul gioco del calcio la “metafora dell’esistenza, della vita dell’autore”, ma sono anche “cifra dell’esistenza in assoluto”. Il calcio si carica quindi della valenza di misura della vita dell’individuo che, lontano dagli agitati e sconnessi bagliori di uno stadio, riscopre la propria felicità beandosi di una palla che scivola sul prato, sul passato. Sui ricordi, appunto.
Daniela Lucia