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Care bambine Chloe Libera e Sebastiana Mia vi dedico queste mie riflessioni, a volte espresse in versi altre volte in prosa, scritte durante un periodo storico particolare che verrà ricordato per la diffusione di un virus chiamato Coronavirus (Covid 19), che ha seminato per tutto il 2020 grande paura e morte. Ho voluto dedicarvi questa lunga lettera perché voi, creature venute al mondo, cariche di innocenza e di bellezza, siete espressione della vita che si afferma su ogni forma di annientamento, di decadenza morale e materiale e su tutte le negatività di questo nostro tempo.
Erminia Barca nasce nel 1956 a Pedace (CS), oggi Casali del Manco. Consegue la laurea in Materie Letterarie presso l’Università degli studi di Salerno. Tra le ultime pubblicazioni: Gioacchino da Fiore, un uomo, una terra e un profeta (Progetto 2000, Cosenza 2002), Le parole di mia madre (ilfilorosso, Cosenza 2021). Già docente di lettere presso gli Istituti di Istruzione di 2° grado. Fa parte del gruppo letterario “Biblioteca delle donne bruzie”. Questo volume è risultato meritevole di menzione speciale alla X edizione del premio nazionale di letteratura “F. Graziano”.
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Il tempo presente e quello passato si intrecciano svelando la psicologia complessa di Elisa, ex cantante affermata. Personalità fragile, alla ricerca di punti di riferimento in grado di risollevarle l’animo tormentato, Elisa trova una via d’uscita in un amore quasi impossibile da accettare, vietato dalle regole morali. Figlia di genitori indifferenti, nipote di una zia che l’ha allevata con dedizione, moglie di un marito attento ma non sempre presente nella sua quotidianità, la protagonista si barcamena tra due realtà esistenziali nelle quali i suoi stati d’animo sono in costante opposizione: sta bene in un luogo, si sente oppressa nell’altro. La storia disegna percorsi inediti ma anche orme su cui procedere: è difficile fare la scelta giusta.
Mariateresa Aiello, docente di lettere e pittrice, vive e lavora a Cosenza, sua città natale. Da sempre impegnata in studi artistici e letterari, ha esposto suoi lavori pittorici in Italia e all’estero e pubblicato libri di poesie, racconti e romanzi, tra cui Evanescente come il sogno (Falco, 2011), Come tutti nessuno (Pubblisfera, 2015). Le sono stati assegnati premi e riconoscimenti ricevendo l’attenzione valutativa di diversi critici d’arte.
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Un insegnante di sostegno, alle prese con un gruppo difficile, si trova a dover affrontare un fatto imprevisto che riguarda uno dei ragazzi della classe. L’eccezionalità dell’evento fa scaturire nel protagonista di questo breve romanzo noir la più classica delle scintille per avviare l’intreccio narrativo. Da quel momento in poi, l’ostinazione di poter dare il proprio contributo e la ricerca ossessiva della verità lo condurranno lontano da sé e dalla vita quotidiana, facendogli calpestare un terreno fragile e pericoloso. Più di tutto, si accorgerà che niente è come appare a un primo sguardo: nessuna convinzione, nessuna ipotesi saranno abbastanza forti quanto la realtà delle cose.
Mirko Tondi è nato a Firenze nel 1977. Insegnante e formatore, come autore ha pubblicato racconti in riviste e volumi antologici (fra questi, i Gialli Mondadori nel 2010; Ambulance Songs 2 per Arcana Edizioni, 2021), romanzi (tra cui Era l’11 settembre, NPS Edizioni, 2021) e saggi (l’ultimo è il manuale Brandelli di uno scrittore precario per Edizioni Il Foglio, nel 2022). Ha inoltre una qualifica di redattore, svolge attività di editing ed è docente di corsi e laboratori di scrittura, per adulti e bambini.
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Sembrerebbero paesaggi mentali, distorsioni e curvature nella fabula ordinaria, se non restituissero frammenti di vita. Conoscere Mattia Gallo, discutere con lui del presente, leggere i suoi articoli, significa capire quanto sfumato sia il margine dei simbolismi che emergono da questi racconti. Non è una prevedibile fantasia che supera il reale, piuttosto la realtà eccede i suoi termini di senso e si lascia invadere dall’ignoto.
Claudio Dionesalvi
Mattia Gallo è laureato in Giurisprudenza presso l’Università della Calabria. Ha svolto attività giornalistica in radio, quotidiani e fanzine della sua città, Cosenza. Da anni scrive articoli di politica e cultura su siti online. Scrive racconti e poesie per passione.
In copertina: Foto d’epoca, il padre dell’autore (a destra) con alcuni compagni di lavoro.
Prezzo: 12,00 euro
Anno: 2021
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Libro intrigante, pulito, coinvolgente.
Attraverso le sue vicende di vita, Domenico Panetta
(Mimmo, per gli amici) fornisce uno spaccato, tenero e
doloroso insieme, dell’emigrazione, di quel taglio delle
radici, che tuttavia permangono e fanno sanguinare
l’animo, perché creano una nostalgia inestinguibile, ma
mai rassegnata e anzi, nonostante lo strappo (o forse
proprio a causa di esso), foriera di nuove opportunità e di
rinnovata linfa esistenziale.
Ma il prezzo è alto. Perché la “nuova” vita rimanda di
continuo a quella precedente e costringe a chiederti: che
cosa sarebbe stato di me, se non fossi dovuto andare via?;
e che cosa sarà di me, ora che mi sono “sradicato”?
Mario Capanna
Panetta Domenico nato a Siderno nel 1949, laureato in
Ingegneria al Politecnico di Torino ha svolto la sua professione
in Calabria.
Cresciuto in un ambiente di Sinistra, da giovanissimo partecipa
alla vita politica militando nel P.C.I. Fu eletto consigliere
comunale di Siderno nel 1975 e nel 1990 consigliere provinciale
di Reggio Calabria. Dal 1994 eletto Sindaco della città di Siderno
per due legislature consecutive. Di questa esperienza ha
pubblicato due volumi dal titolo Nodersi, un Sindaco si racconta.
In copertina: Foto d’epoca, Rosina, la madre dell’autrice (1949).
Prezzo: 12,00 euro
Anno: 2021
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Parole di donne, parole circolari. Parole non altisonanti, come quelle della narrazione della storia ufficiale o della letteratura di cui pure è zeppo di riferimenti il libro, parole che, non dai pulpiti né da alti scranni, ma dal sussurrare di fiabe e romanze, dal dono di consigli di vita, da storie narrate intorno al focolare, sono entrate come luci vivide nella mente e nel cuore della nostra autrice. Parole di una madre…
Maria Francesca Lucanto
Erminia Franca Barca nasce nel 1956 a Pedace (CS), oggi Casali del Manco. Consegue la laurea in Materie Letterarie presso l’Università degli studi di Salerno con una tesi sperimentale su un testo inedito di Vincenzo Gallo ’U Chitarraru, pubblicato per conto della Casa Editrice L. Pellegrini nel 1991; ha pubblicato nel 1992 Noi giovani adolescenti (Pellegrini, Cosenza); La Calabria si racconta (Pellegrini, Cosenza 1992); Gioacchino da Fiore, un uomo, una terra e un profeta (Progetto 2000, Cosenza, 2002).Già docente di lettere presso gli Istituti di Istruzione di 2° grado. Fa parte del gruppo letterario “Biblioteca delle donne bruzie”, con sede in Casali del Manco-Pedace di cui è stata cofondatrice nel 2017 e attualmente impegnata a promuovere attività di dibattito e confronto culturale.
In copertina: opera di Ugo Nespolo, collezione privata.
Prezzo: 12,00 euro
Anno: 2020
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Una vecchia scrittrice avanti negli anni e con il pensiero sulla vita. La splendida luna delle sere dell’otto e nove di aprile: leniscono le notizie giornaliere sulle tantissime morti. Un giovane uomo, legge l’Espresso di qualche mese prima su una terrazza. La camorra, il suo insinuarsi, appena le povertà verranno fuori. Un fugace rapporto madre-figlia destinato a non risolversi. I vecchi che sgranano gli occhi increduli. Le morti di Bergamo, le morti italiane. Taranto che vede finalmente il suo cielo terso. Milano a non darsi pace. Napoli, l’Italia ferita, il Paese che vuole rialzarsi. Il borgo immerso in un silenzio diverso e nuovo. Sono solo alcune delle brevissime storie riportate in un libro di rara contemporaneità. C’è tutta la poesia e l’emotiva intelligenza a traboccare nelle pagine che Antonio Avenoso ci consegna a futura memoria.
Antonio Avenoso è nato e vive a Melfi. Ha pubblicato trenta libri. Ha scritto di poesia, saggistica e arte contemporanea su Tarsia, La nuova Basilicata, Il quotidiano del Sud, sul semestrale di cultura “ilfilorosso”, la rivista Appennino. Due sceneggiature per la RAI. Fa parte della giuria del Premio Letterario Carlo Levi.
Siamo nel profondo delle nostre case,
isolati e in quarantena, le voci si levano dalle mura, il silenzio fuori è
assordante. Nei piccoli paesi come nelle città bisogna battere il vuoto. Ci
sono in questo bel libro storie vicine e lontane, le riflessioni intime e
poetiche, i paradossi di una realtà a noi prossima, la sfida ad eludere i
piccoli e grandi malesseri della contemporaneità. Antonio Avenoso passa dalla
poesia alla narrativa breve come da un sogno al vivere. Sa dare forma alla
nostalgia ma nello stesso tempo rivela l’attualità. Poi ci sono frammenti e
microstorie, racconti brevi e poesie, prova riuscendoci a vagabondare nella
scrittura.
di Dolores Nicastro
Chi l’avrebbe mai detto o pensato di doversi trovare ex
abrupto a vivere relegati in mura d’occasione o in quelle della propria
abitazione, di una stanza e per mesi, adattare le proprie vite, allontanare
conoscenze, parentele e affetti dal proprio cerchio vitale a causa di un nemico
invisibile. Quante volte tale affermazione è volata tra i nostri pensieri,
nelle nostre orecchie e poi, tutti o quasi tutti, l’abbiamo detto e fatto.
Un’occasione per fermarsi e soffermarsi a riflettere, pensare di cambiare abitudini
deleterie per sé e per il prossimo, riappropriarsi del proprio spirito
soffocato dal gazzarraroso caos del mondo che corre sempre rumoreggiante,
pressante; anche questo strapensato e straridetto così come anche ritrovarsi
catapultati in quello stato da cardiopalma ben conosciuto e racchiuso nel
termine “crisi”. Parola che riecheggia ormai di sola accezione negativa perché è
prevalsa quella medica ed economica ma che in realtà la sua etimologia (dal
greco krisis scelta, dal verbo krino che in origine era di
derivazione agricola, riferito alla trebbiatura quindi separare, scegliere,
distinguere), ben più saggiamente, rimanda alla condizione di dover prendere,
che piaccia o meno, una decisione e in tal senso di ricorrere all’attenzione, alla concentrazione, al raccoglimento quindi
ad altra circostanza che non può prescindere dalla necessità di uno stato di
silenzio. Eccolo, il silenzio. Tutti sugli attenti davanti al silenzio! Ci sono
però silenzi e silenzi; quello di depressione, di paura, di dolore, quello
imposto, di indifferenza, di riverenza, quello immusonito e poi c’è quello
della meditazione centrata, della bellezza e consapevolezza, dell’intuizione e
del rinnovamento, quello che precede una creazione; come quello fortunato di
pittori, poeti e scrittori, degli artisti insomma, quelli veri, quelli
invidiati che del “silenzio” ne sono ghiotti divoratori. E sono silenzi quelli
che prendono forma nelle annotazioni giornaliere di Antonio Avenoso durante la
quarantena forzata di un mondo intero. Vite condensate in pensieri intagliati
su fogli, silenzi che restano segreti, isolati ma avvinghiati tra loro se
nessuno li sfoglia e non a caso Avenoso apre il diario con la citazione da Il
fiore rosso e il bastone di Herta Müller che il silenzio lo ha saputo raccontare
come mai nessuno e con stile inconfondibile.
A. Avenoso ha tessuto, stratificando in microstorie
l’esistenza dei sui personaggi rinchiusi e racchiusi nella privatezza delle
loro mura vere o sballate come piani a volte sgangherati di un palazzo e poi le mostra srotolate, proiettate come una
sorta di video mapping in cui le pareti si dissolvono e si può osservare ogni
sagoma dei protagonisti prendere vita
simultaneamente in una visione complessiva, in una sorta di realtà aumentata
tra finzione e verità. Li osserviamo collegati ma allo stesso tempo disconnessi
dal presente. Li guardiamo mentre conservano le proprie manie, i gesti stereotipato
dell’usuale; impariamo a leggerne le paure vagando tra i loro pensieri. Essi
sono ignari, non sanno di essere osservati a barcamenarsi tra i giorni della pandemia da covid-19 e l’incerto in cui
ognuno è stato privato della libertà di scegliere come vivere l’attimo e così
il silenzio è diventato rifugio per rintracciare la quiete oppure un tiepido
tentativo di effondere una parvenza di serenità mentre forse si sta solo
accogliendo un ottimismo superficiale. Li scrutiamo e li potremmo disprezzare o
giudicare sbagliati (come in Di questo mondo e degli altri di José
Saramago, dalla quale è tratta la seconda citazione del paratesto di A.
Avenoso).
E se questa epidemia ci avesse reso tutti in qualche modo
“personaggi sbagliati”? Qualcuno illuso di poter continuare a far scivolare
sbadatamente il proprio tempo senza assegnargli il valore di una
differenzazione esistenziale e qualcun altro altrettanto illuso di aver trovato
la grande verità della vita nel silenzio piombatogli dentro, generato dalla
paura che paralizza o rimesso in circolo dai ricordi e nutrito da desideri
nascosti che però possono anche essere
solo forme di silenzio apparente e diventare invece un elemento di disturbo se
riflesse nello specchio del sé.
Collana: Novellando In copertina: Avenue des Champs-Elysées, Parigi (elaborazione grafica)
Prezzo: 10,00 euro
Anno: 2020
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La Gran Bretagna è ormai da tempo sotto gli effetti della brexit, opprimenti come la grigia calura dell’estate del 2022. Anche Janine non se la passa bene. Il marito l’ha lasciata, la figlia è un’arrogante insoddisfatta. Finché nello squallido call center in cui lavora organizzano una gita a Parigi. Un pullman di donne di mezza età che andrà a commuoversi sul ponte de l’Alma per l’anniversario di morte di lady Diana. Nella capitale francese Janine è subito travolta dal fascino di una città sempre sognata. L’incontro con un originale gentleman inglese apre una diversa prospettiva sul mondo. Janine è risucchiata in un gorgo d’affanni e rivelazioni, tra una vecchia boulangerie, il retro del Ritz e una Fiat 127. Fino a una rivelatrice tazza di caffè.
Alberico Bojano – Medico chirurgo. Giornalista pubblicista. Autore dei saggi Briganti e senatori (Alfredo Guida Editore, 1997), Gioacchino Toma (Guida Editori, 2017) e della raccolta Squarci di vita brigante (Photocity, 2011). Autore di pubblicazioni su brigantaggio meridionale, emigrazione transoceanica del XIX secolo, tradizioni e cultura locale. Coautore dello sceneggiato Casa Matania, trasmesso da Rai Tre nel 1986. Suoi testi sono in: Movimenti sociali e lotte politiche nell’Italia liberale (FrancoAngeli, 2001), Salva la tua lingua locale (Roma, 2014), Racconti campani (Historica, 2018), Dieci medici raccontano (Fiori di Zucca Edizioni, 2018).
Non si può prescindere, nella raccolta di racconti di Franco Araniti, dal citare il dialetto.
Se ci sono lampi e tuoni, mentre brilla il sole, inizia brutta la giornata. E, difatti, il filo conduttore di tutti i racconti è Iddha. Lei, la Grande Signora, colei che, col suo apparire, prende a calci e morsi la Vita, e così facendo la consegna all’eternità! L’autore affronta, ancora una volta, l’ardua impresa di mescolare, sapientemente, linguaggi atavici e lingua attuale. Il connubio è fascinoso, incalzante, con una serie di flashback che seguono il ritmo di una ballata. Avanti, indietro, poi di lato, destra, sinistra, ancora avanti. Generi letterari volutamente diversi, anche contaminazioni di noir, di racconto storico, di giallo. Così la scrittura spumeggia, s’intreccia e si avvita a chi legge, crea attesa di sapere cosa viene dopo, sfocia in un’arsura che il lettore e la lettrice devono per forza colmare. Una volta preso in mano il libro, niente ti può più fermare.
Nemmeno Iddha!
Ada Celico
Franco Araniti è nato a Reggio Calabria. Vive a Dipignano (CS). Ha pubblicato libri di narrativa e di poesia (ultimi rispettivamente L’uccello sciancato e Es Senza). È stato redattore della rivista della cultura sommersa Malvagia e del quaderno (del poeta). Ha pubblicato nel dialetto della vallata del Gallico la silloge poetica ‘U cunta cu campa. Gruppi di sue poesie e racconti sono ospitati in giornali quotidiani, antologie, periodici culturali. Ha scritto i testi in ammâšcânte (con traduzione in italiano), per il disco Ammâšcâ dei Dedalus. Ha ricevuto numerosi premi sia per la narrativa che per la poesia. Sulle sue pubblicazioni hanno scritto in tanti, tra gli altri il noto storico della letteratura calabrese Antonio Piromalli che nelle sue Lettere Vanitose nel semestrale edito da LPE, Letteratura e Società e del quale era direttore così commentava: “Finalmente potevo leggere in calma dei versi veri come quelli di Franco Araniti. Egli possiede dialetto e lingua della realtà, sa farli valere per dare forti bagliori e comporre visioni che restano memorabili”.
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